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Scopri di piùL’epica sportiva vuole che ogni vittoria sia associata all’attimo della sua conquista. Sulla copertina dello straordinario 2022 di Ducati Corse ci sono l’atto finale della MotoGP a Valencia, quando Pecco Bagnaia ha portato a termine la rimonta più incredibile nella storia della MotoGP, e la tappa indonesiana della WorldSBK, che ha coronato la cavalcata trionfale di Alvaro Bautista. Ma se il 2022 rimarrà scolpito per sempre nella storia di Ducati e nel cuore dei Ducatisti, lo si deve anche e soprattutto a ciò che è avvenuto negli anni precedenti. A un percorso che prima dell’en plein di questa stagione aveva condotto a due Titoli Costruttori consecutivi e un Titolo Squadre in MotoGP, e a un Titolo Costruttori della WorldSBK.
Una crescita graduale ma inesorabile, spinta da una costante ricerca dell’innovazione tecnica e tecnologica da parte di tutto il team Ducati Corse, capitanato dal General Manager Gigi Dall’Igna.
È giusto dire che all’origine di questi successi ci siano tante ragioni e tanti protagonisti?
È giusto dire che nel 2022 abbiamo concretizzato ciò che abbiamo saputo costruire in tanti anni. Dal 2015, direi, perché il primo mattone lo abbiamo messo quell’anno con la Desmosedici GP15. Una moto innovativa, evoluta non solo nel motore e completamente diversa dalle Ducati che l’avevano preceduta. Nel 2016 sono arrivate le prime vittorie, nel 2017 con Dovizioso ci siamo giocati il Mondiale fino all’ultima gara. Siamo cresciuti stagione dopo stagione, innovazione dopo innovazione, facendo una cosa che nessuno aveva fatto prima: sviluppare la parte sportiva assieme a quella tecnica. Oggi tutti i piloti che corrono sulle Ducati hanno cominciato la loro carriera in MotoGP in sella a una Ducati. Si sono costruiti con noi, e noi con loro.
Come si diventa un riferimento per le altre case costruttrici? Arrivando prima di tutti o vedendo cose che gli altri non vedono?
Mi sento di dire che essere precursori faccia proprio parte del nostro DNA. Noi abbiamo cominciato a rompere gli schemi già nel 2014, quando decidemmo, soli tra i team factory, di abbracciare il progetto Open, quello con il software unico al posto di quello proprietario. E negli ultimi anni siamo stati il team che ha introdotto le innovazioni più importanti, dall’abbassatore alle ali fatte in un certo modo, al cucchiaio e a molte altre ancora.
Alcuni vedono in queste innovazioni un tratto caratterizzante del Made in Italy: la fantasia.
Sicuramente in Ducati abbiamo il guizzo che case costruttrici di altri Paesi, per cultura, non hanno. Ma i regolamenti esistono anche per essere interpretati. E tu, con la creatività, puoi trovare quelle soluzioni che ti portano al limite consentito dal regolamento, perché più ti ci avvicini e migliori sono le prestazioni che ottieni. Noi in questi anni siamo stati bravi a non oltrepassarlo mai, il limite. E, infatti, tutte le verifiche a cui siamo stati sottoposti sono sempre state superate senza problemi.
Anche il fatto che oggi in pista ci siano tante Ducati è merito delle continue innovazioni?
I team satelliti sono liberi di rifornirsi dalle case che vogliono. Se scelgono le Ducati è perché sanno che oltre a ricevere una moto competitiva saranno parte attiva di un percorso di sviluppo a lungo termine. Anche questo è conseguenza di una strategia precisa, pensata a tavolino. Per noi i team satelliti sono importantissimi non solo dal punto di vista economico, ma anche tecnico, perché ci permettono di avere più dati e più informazioni a supporto dello sviluppo della moto, e soprattutto sportivo, perché con il loro aiuto possiamo investire su piloti giovani e conoscere il loro vero potenziale.
Anche qui Ducati è sembrata andare contro corrente, con la scelta di “costruirsi in casa” i propri piloti.
Abbiamo preferito non affidarci a dei piloti che avevano già una loro storia alle spalle, ma scegliere piloti giovani e di talento per accompagnarli nella loro crescita. È stata una scelta felice in tutti i sensi. In primo luogo perché ci stanno regalando enormi soddisfazioni. E poi perché anche il brand ne è uscito rafforzato. Abbiamo conquistato la fiducia dei futuri piloti che sanno che in Ducati possono trovare l’ambiente ideale per migliorare e crescere. Non tutte le case costruttrici riescono a offrire queste garanzie.
E per quanto riguarda il team? Quello di Ducati Corse sembra un gruppo davvero molto affiatato.
Il team è l’elemento di cui bisogna avere più cura in assoluto, perché il risultato è sempre frutto del lavoro di tutti e negli anni ho imparato che le vittorie arrivano soltanto se le persone sono contente. Anche perché vincere un campionato del mondo è molto complicato, senza la fiducia reciproca non sarebbe possibile farlo. Bisogna conoscere pregi e difetti di chi ti sta vicino, per valorizzare i primi e minimizzare i secondi.
Prima di arrivare ai titoli delle ultime stagioni non sono mancati i momenti difficili. Quali sono stati i più critici?
I momenti difficili ci sono sempre, ma l’importante è non perdere mai la fiducia in sé stessi. Anche perché nella vita sono più le volte in cui si perde che quelle in cui si vince. Per noi avere a che fare con Marquez o Rea è stato motivo di crescita. Ci ha spinti a fare di più e meglio. Certamente, la fine del rapporto con Dovizioso fu un momento molto particolare. Si trattò di una scelta presa di comune accordo, ma comunque dolorosa, soprattutto da un punto di vista emotivo. Siamo pur sempre umani, non scordiamocelo mai.
Quali sono stati i momenti di svolta? Quelli in cui avete avuto la sensazione che le cose stavano girando per il verso giusto?
Nella MotoGP la svolta è arrivata a Silverstone. Prima di quella gara Pecco aveva sempre vinto perché era il più veloce in pista. A Silverstone invece non era il più veloce, ma in gara ha dimostrato di avere quella determinazione, quella freddezza e quella capacità di gestione della gara che ti fanno vincere in ogni situazione. In Superbike invece avevo capito subito che poteva essere l’anno giusto. Io conosco bene Alvaro, e il suo approccio alle gare quest’anno era completamente diverso dal 2019. Molto attento ai contatti, ai sorpassi, meticoloso nella gestione del corpo a corpo: per la prima volta nella sua carriera ha voluto vincere e non stravincere. E questa è una differenza sottile ma decisiva.
Si dice che vincere sia difficile, ma ripetersi lo sia ancora di più. Come si mantiene alta la tensione dopo una stagione così?
Innanzitutto godendosi il successo, perché le vittorie vanno festeggiate. Anche prima di Natale avevo detto alla squadra di riguardarsi le gare per capire appieno l’impresa che avevamo fatto. Ora che sappiamo quanto è bello vincere vogliamo continuare a farlo. Non sarà facile, perché il livello del campionato è altissimo e ci sono tanti piloti forti.
Un augurio particolare per la nuova stagione?
Spero che tutti possano esprimersi al massimo delle loro potenzialità. Oggi si respira un’atmosfera unica, e il merito è dei piloti di oggi che sono bravissimi e sono tutti straordinariamente sportivi. Da uomo di sport, prima ancora che General Ducati Corse, sono contento e orgoglioso di lavorare con persone così.
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